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Roberta Bosco, classe '77, apolide per vocazione, costruisce un piccolo e delicato spaccato di vita quotidiana, un tenero abbozzo di crescita esistenziale, della durata di un giorno compreso tra due diversissime albe. Apolide, si diceva, come i tre giovani protagonisti di "The Mayfair Connection". Saul, Maddy e Len non hanno cittadinanza, non hanno un riferimento geografico e socio-culturale in cui muoversi, con cui poter interagire. Ci sono soltanto le loro emozioni e paure, le loro debolezze e idiosincrasie, i loro desideri e le loro aspettative a creare gli spazi entro cui sviluppare la propria vita, entro cui farla progredire. Un non-spazio, dunque, una città che è nessun luogo e allo stesso tempo ogni luogo del mondo, una città-prototipo, quasi utopica, forse una città addirittura sognata dai ragazzi, e non solo da quelli della storia raccontata, in cui è facile trovare luoghi di ritrovo a misura di giovane, in cui è possibile, appena maggiorenni, crescere creandosi e vivendo le proprie possibilità. Ci troviamo di fronte a un ritratto di "quello che dovrebbe essere" la descrizione di un mondo non solo possibile ma addirittura necessario per quelli che nei talk show vengono definiti "i giovani d'oggi" e, soprattutto, ci troviamo di fronte a una descrizione di quello che i suddetti giovani dovrebbero e potrebbero essere, sentire, esprimere e vivere. (Daniele Punteri)